Sono una di quelle persone a cui è scaduto il passaporto di recente. Una di quelle che, nella sventura, si può ritenere fortunata: ho fissato l’appuntamento a distanza di “soli” 3 mesi.
Ci andrò con un carico di ansia non indifferente, per il timore di non avere un documento indispensabile, una copia non firmata, di aver compilato male qualcosa; sono terrorizzato dal sentirmi dire “deve fissare un altro appuntamento”: perché voglio riemergere il prima possibile dalla palude di burocrazia e sciatteria in cui si muove chi deve ottenere un passaporto.
Il primo passo nella palude: trovare le informazioni
Come fare per rinnovare il passaporto? Google mi porta sul sito della polizia e su una pagina il cui contenuto è presentato senza una chiara gerarchia logica e visuale.
Trovare le informazioni per me rilevanti non è immediato.
La pagina di spiegazioni inizia con un video di 8 minuti (!) caricato su YouTube con grafiche da Powerpoint anni 90. E questo mi fa anche notare il solito banner cookies: non è in linea con le indicazioni del Garante privacy. Soprassiedo: il mio obiettivo è un altro (per inciso, è il motivo per il quale tutti i banner cookies di questa terra sono destinati al fallimento).
Scorro la pagina finché trovo quello che mi serve: “la documentazione da presentare”.
Mi accorgo che, come padre di due figli, ho bisogno anche del consenso dell’altro genitore: il sito me lo segnala con questa frase (il neretto è loro; perché? Boh) “Non tutti sanno che se si è genitore di figli minori per richiedere il proprio passaporto è necessario l'assenso dell'altro genitore.” A me l’incipit fa venire in mente la Settimana Enigmistica.
Secondo passo: i documenti da consegnare
Tra la documentazione da presentare c’è la ricevuta di un pagamento che può essere fatto solo con bollettino postale. Niente Pago Pa: nel 2023 bisogna ancora andare in posta. Non è una necessità dettata da chissà quale norma, è proprio l’incapacità di cambiare il modo di fare le cose.
Poi c’è il modulo da compilare per richiedere il passaporto: si può scaricare dal sito della polizia. Lo scarico e scopro che è un pdf non editabile: è infatti un pdf frutto di una scansione del modulo cartaceo. Dovrò compilarlo a mano, facendo attenzione non solo al cosa scrivo ma anche al come lo scrivo. Sia mai il poliziotto non capisca la mia grafia.
Il sito per prenotare
Ho capito che documenti presentare, ma come prenotare l’appuntamento in commissariato? Tramite un sito che mi fa catapultare indietro nel tempo di almeno 20 anni.
Compilo a fatica il modulo online – che più di una volta mi dà errore senza specificare il tipo di errore – scelgo una data, dopo che altre date per magia scompaiono da un minuto all’altro: un disastro di usabilità, insomma. Ma ce l’ho fatta. Ora non mi resta che andare all’appuntamento. Con sfiducia nella pubblica amministrazione e tanta ansia.
Magari un giorno
Quando la pubblica amministrazione offre servizi del genere penso a quanto potrebbe essere utile insegnare il legal design nelle facoltà di Giurisprudenza.
A quanto sarebbe utile per un giurista imparare a comunicare le informazioni e avere quantomeno idea di cosa significhi progettare un documento, una procedura, un servizio.
A quanto sarebbe utile per la società tutta, afflitta da centinaia e centinaia di frustranti procedure senza senso, architettate da burocrati che sono al servizio del formalismo e non delle persone.
Sogno che un giorno un funzionario del ministero dica “ho studiato legal design all’università, mi sa che ci può tornare utile: che ne dite di mettere mani ai nostri documenti e alle nostre procedure?”.
p.s. questa è la mia prima newsletter con Substack. Per problemi tecnici è andato perso tutto l’archivio di newsletter che avevo sull’altra piattaforma, Revue. Un po’ alla volta ricostruirò l’archivio anche qui.
Una volta se vuoi parliamo del rinnovo del passaporto degli italiani all’estero.
L’esperienza che è toccata a me è stata a dir poco frustrante. E purtroppo so che il problema è diffuso.
Però devo dire una cosa: per fortuna che ho studiato giurisprudenza, e che ho pure il titolo di avvocato (che da quando mi sono trasferita all’estero non uso). Perché, se non avessi saputo raccogliere tutti i documenti (incluse alcune delle email scambiate con il
Consolato) e non avessi avuto dalla mia la pratica nello scrivere istanze, avrei patito, e molto, le contraddizioni e la mancanza di cura del cittadino/utente.
Sarebbe buffo se non fosse triste: ritrovarsi a usare la propria conoscenza ed esperienza per difendersi dalla PA.