"Ci può spedire con un corriere il contratto con la sua firma autografa". Ho strabuzzato gli occhi quando ho letto questa frase nella mail che un cliente mi ha mandato qualche giorno fa. Stampare un contratto di 20 pagine, comprare una busta, trovare e pagare un corriere: che spreco di tempo, di carta e di soldi! Per me, oltre che una fonte di arrabbiatura, è stata l'ennesima occasione per riflettere su un aspetto spesso trascurato dentro le grandi aziende: il ciclo di vita di un contratto.
Contratti e rotture di scatole
Negli ultimi mesi ho revisionato contratti bancari lunghi anche decine di pagine. Revisione in Word e rimpallo dei file via mail tra me e il cliente, fino alla versione definitiva. Un modo di operare identico da anni, anche se inefficiente: in Word non è semplice ricostruire la revisione fatta, commentarla, modificarla e tenerne traccia.
E quante volte ho sentito dire "scusate, mi si è impallato il pc" durante una call di analisi delle revisioni perché quando si visualizzano tante revisioni Word tende a rallentare e va a scatti? Usare uno strumento solo perché più familiare è una versione dell'"abbiamo fatto sempre così" (e sì, le alternative ci sono).
Un vestito non per tutte le stagioni
Non ho ancora trovato una grande azienda che abbia un modello di contratto diverso a seconda che il proprio fornitore sia una freelance o una società: il contratto proposto al fornitore è sempre lo stesso. Accade quindi che i freelance siano destinatari di contratti "sproporzionati", con clausole non certo ritagliate sulla loro realtà professionale. Seguono mail e telefonate per chiarire il contenuto del contratto, si eliminano alcune parti, se ne modificano altre.
Basterebbe creare due, tre modelli diversi a seconda del fornitore e sulla base anche dei feedback ricevuti dall'azienda nel tempo. Questo a quanto vedo non avviene: così, il fornitore “perde tempo” nel decifrare il contratto e questa perdita di tempo come un boomerang colpisce anche l’azienda costretta a dare spiegazioni, modificare il contratto ecc.
Rimuovere gli ostacoli
Cosa accomuna i tre casi che ho descritto? Una cattiva "user experience" contrattuale: il contratto viene visto solo come fonte di diritti e di obblighi per chi lo firma. Non viene pensato come un prodotto che alcune persone devono poter creare e usare senza troppi ostacoli. La forma (legale) è salva, ma il resto?
Non smetterò mai di ripeterlo: legal design è curare anche quel "resto", è agire per eliminare gli ostacoli che noi legali, quasi sempre, decidiamo coscientemente di non affrontare perché non abbiamo voglia, tempo o competenze.
Due eventi a settembre
Prima sarò al Legal design summit ad Helsinki. Ne parlerò diffusamente (commentandolo in diretta) sul mio canale Telegram.
Poi parlerò al DiParola Festival, il primo evento in Italia dedicato al linguaggio chiaro e inclusivo.
15x30
Infine, ecco le risposte che ho dato per l'edizione 2023 di 15x30: 15 domande a 30 designer. Consiglio di leggere le risposte date anche nelle passate edizioni: offrono ottimi spunti per esplorare il mondo del design.